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Le
origini più remote della tecnica di annodatura che sta alla
base di ciò che oggi chiamiamo macramè coincidono con
l’origine della tessitura stessa e con le soluzioni cercate
dai tessitori per fermare, a prodotto finito, gli orditit e impedire
alle
trame di scendere, disfacendo il tessuto.
La soluzione più decorativa consiste nel creare in fondo al
tessuto una frangia i cui elementi possono essere suddivisi in gruppi
regolari
che, intrecciati e annodati fra loro, danno vita a bordi traforati
la cui complessività va da una semplice rete a maglie regolari
sino a un vero e proprio pizzo.L’uso di frange annodate come
ornamento di abiti è testimoniato
già in fregi Assiri del IX° secolo a.C.
Non è tuttavia possibile determinare un luogo di origine, ne una
data di nascita della tecnica del macramè, in quanto l’intreccio
di fili verticali, di ogni genere di fibra tessile, annodati a formare
un tessuto senza l’intervento di trame, è comune ad ogni
epoca e civiltà.
Una significativa serie di manufatti che presentano tecniche di annodatura
sorprendentemente simili fra loro, provenienti dalle arre più disparate, è conservata
al Musèe de l’Homme di Parigi.
Tutte le definizioni apparse sino ad oggi della parola “macramè” concordano
unanimemente sulla sua origine araba e alcuni studiosi affermano che
il macramè era utilizzata nei paesi arabi già dal XIII° secolo,
per confezionare frange ornamentali e guarnizioni di abiti.
Macramè deriva dall’arabo mahramatun (fazzoletto) o da
migramah ( frangia per guarnizione), da cui vengono anche i termini
turchi-ottomani
mahrama e makrama (asciugamano o fazzoletto da capo con decorazione
ricamata o tessuta).
Più che l’invenzione, al mondo arabo si devono probabilmente
certe sue applicazioni, la terminologia e, soprattutto, la sua diffusione
nell’area del Mediterrerraneo.
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